Bruxismo: il bite
Il fenomeno del serramento e digrignamento dei denti: fattori scatenanti, rimedi e consigli
Parlando di un termine ancora molto discusso come “bruxismo”, bisogna innanzitutto chiarire che non si tratta di una malattia ma di una parafunzione.
Con questo termine si indica tutto ciò che un sistema (in questo caso, la bocca o sistema stomatognatico) può fare, ma che esula dalle sue normali funzioni; tutti noi serriamo i denti centinaia di volte al giorno, ma si parla di parafunzione quando la forza è eccessiva e l’atto viene compiuto non per scopi funzionali (come masticare o deglutire).
Ad oggi questa parafunzione viene definita come:
• l’abitudine di serrare, digrignare e stringere i denti
• un atto notturno o diurno, che provoca la chiusura e il serramento dei mascellari per fini non funzionali
• un disordine psicofisiologico che causa abitudini parafunzionali notturne e/o diurne
Si può presentare da solo o in associazione con altre abitudini orali viziate, come il mordicchiamento di unghie o penne, il succhiamento di labbra, dita od oggetti, posture non fisiologiche della mandibola. Probabilmente è la più diffusa forma di parafunzione nell’uomo: sintomi correlati al bruxismo sono riscontrabili nel 78% della popolazione. L’incidenza diminuisce con l’età, specialmente dopo i cinquant’anni, e sembra più diffusa tra le donne.
Prima di tutto, il bruxismo va suddiviso nelle sue due maggiori modalità.
IL SERRAMENTO (bruxismo statico o centrico)
Causato da contrazioni inconsce senza movimenti laterali dei muscoli masticatori, che possono essere attivate a livello del sistema nervoso centrale e si presentano solitamente di giorno.
IL DIGRIGNAMENTO (bruxismo dinamico o eccentrico)
Stimolato da impulsi generati dal midollo spinale, dovuti a stress fisici o psicologici, che provocano scariche muscolari con movimenti laterali mandibolari, durante il sonno.
Entrambe le forme di bruxismo si manifestano come contrazioni muscolari, che possono essere intermittenti o presentarsi per lunghi periodi di tempo. I muscoli elevatori della mandibola sono quelli più sottoposti a stress durante questi episodi parafunzionali e provocano microtraumi a carico dell’intero apparato stomatognatico. Se non trattato, il bruxismo andrà a danneggiare le strutture orali in relazione alla sua durata ed intensità. Il paziente può riferire una sensazione simile ad un crampo: questo perché nei muscoli una prolungata contrazione provoca una diminuzione del circolo ematico, con conseguente diminuzione di apporto di ossigeno e accumulo di acido lattico, che è la principale causa del dolore. I muscoli colpiti da questi spasmi diventano sempre più rigidi fino ad arrivare ad una limitazione dei movimenti e a vere e proprie disfunzioni.
Vanno inoltre distinte altre due modalità di bruxismo: una parafunzione del sonno, più diffusa e meglio conosciuta, e una della veglia.
Una successiva distinzione va fatta anche tra una forma primaria, che insorge in assenza di altre patologie, ed una forma secondaria, associata a malattie psicologiche, neurologiche, disturbi del sonno, assunzione di farmaci o una loro combinazione. Risulta necessario evidenziare il ruolo dello stress, come fattore scatenante che si traduce in una situazione di disequilibrio, portando l’organismo a reagire per ristabilire una corretta armonia tra i vari sistemi.
Il bruxismo deve anche essere visto come normale ed importante funzione della bocca nell’ambito dell’essere umano che “scarica” le proprie tensioni attraverso il suo organo masticatorio. Nei bambini e negli adolescenti questo comportamento è molto frequente, in quanto durante la notte si manifestano i sintomi di inquietudine e difficoltà nell’affrontare la crescita, l’apprendimento e l’educazione.
Ma allora come si può capire di avere bruxismo?
Ognuno di noi può rendersi conto di alcuni sintomi (soggettivi) che avvertirà con più o meno fastidio. Spesso segni e sintomi non corrispondono: una grande usura dentaria (segno) si può evidenziare in un paziente che ha pochissimo dolore (sintomo) o viceversa.
Nella pratica i sintomi che spingono il bruxista a chiedere aiuto sono: emicranie o cefalee, rumori articolari, limitazioni del movimento mandibolare, dolore a viso, collo, spalle e torace, muscoli del viso affaticati o ingrossati, sonno non ristoratore con senso di fatica o dolore al risveglio, rumori di digrignamento durante il sonno, segni di usura dentaria fino ad avere denti mobili o spostati, difficoltà ad addormentarsi, stanchezza diurna, ecc…
Spesso sono presenti anche sintomi legati al sistema nervoso autonomo, come sudorazione, diminuzione della libido o tachicardia e palpitazioni notturne.
Non ci sono ragioni per trattare il bruxismo, anche dopo una diagnosi certa, finché questo non diventi un reale problema per la salute orale del paziente. La terapia immediata consiste nell’inserimento tra le arcate di una placca occlusale che permette la “deprogrammazione” dei movimenti anomali ed il ritorno ad uno stato di normalità articolare e muscolare. La presenza di un “oggetto” estraneo tra le arcate permette al paziente di rendersi conto del fatto di serrare i denti; questo tipo di biofeedback è importante per prendere conoscenza della parafunzione e controllarla.
Se, dopo alcuni mesi di utilizzo di placche occlusali, questa condizione verrà raggiunta in modo soddisfacente sarà possibile allora definire meglio l’iter terapeutico succesivo, che potrà essere:
• informazione ed autocontrollo: vanno forniti dei diari comportamentali in modo che il paziente prenda coscienza della parafunzione; inoltre il medico deve motivare il paziente ed insegnare a controllare i movimenti durante le ore di veglia
• un prolungamento “a vita” dell’uso della placca occlusale a seconda delle necessità, la quale verrà utilizzata part-time e secondo il bisogno, con un controllo costante
• un trattamento ortodontico o protesico, in modo da creare o ricreare un postura armonica dento-mascellare e quindi un corretto movimento di muscoli ed articolazioni
• terapia farmacologica: ad oggi, gli obiettivi sono l’analgesia, la riduzione dell’infiammazione o la diminuzione del tono o dell’iperattività muscolare. A questi scopi sono utili quattro categorie di farmaci: analgesici, antireumatici miorilassanti e antidepressivi. Ogni paziente, in vista della scelta del farmaco, andrà considerato nella sua interezza psico-fisica
• autoterapia e fisioterapia: molti pazienti traggono beneficio da tecniche di rilassamento e di stretching dei muscoli masticatori. Lo scopo di questi esercizi è quello di rilassare e di riallungare gradualmente le fibre muscolari contratte, ristabilendo una normale circolazione sanguigna: ogni gruppo muscolare va “stirato” in serie da 10-20 secondi quotidianamente
• termoterapia e massaggi: il caldo è consigliato per i dolori cronici e per preparare la muscolatura agli esercizi, il freddo è più efficace per la terapia degli stati dolorosi acuti. Il terapista potrà insegnare al paziente la tecnica di massaggio, che andrà eseguita 3-4 volte al giorno
• la chirurgia ortognatica viene riservata a casi di severe malposizioni delle ossa mascellari; tale terapia va sempre associata a quella ortodontica prechirurgica
Proprio per la multifattorialità della disfunzione, per la complessità del trattamento e per le molteplici opzioni terapeutiche, è quindi indispensabile rivolgersi a specialisti preparati e competenti che, sulla base dei rilievi clinici e strumentali, potranno indirizzare il paziente verso il trattamento più indicato. Nei casi più complessi a livello psichico andrà associato anche un supporto psicologico adeguato